mercoledì 27 giugno 2012

IRPEF-CALIFRAGILISTICHESPIRALIDOSO...


“Ridurremo le tasse al ceto medio per far ripartire i consumi”: non è una dichiarazione di Romney in qualche convention del partito repubblicano, ma del nostro sindaco Da Ronco, esponente di uno schieramento politico di centro sinistra in cui si riconoscono anche cittadini con una lunga militanza nelle file della sinistra post-comunista, che ha sicuramente modernizzato il linguaggio, ma non ha ancora assunto il consumismo tra i principi chiave del proprio manifesto politico.
Il post della settimana scorsa avevo lo scopo di illustrare le ambiguità e le contraddizioni che possono celarsi nelle dichiarazioni politiche a effetto, soprattutto quando fanno appello a un brand che si è svuotato delle componenti ideologiche forti e sta semplicemente a indicare un marchio con cui etichettare scelte che non sono altro che strategie del consenso.
Se da un lato quindi si è pensato di andare incontro ai possessori di prima casa (anche quelli abbienti) scontando uno 0,02% sull’aliquota base, dall’altro si sceglie di differenziare i redditi da 15.000 euro lordi annuali a 55.000 euro lordi annuali di un altro 0,02%. Come dire: chi guadagna 15.000 euro all’anno ha praticamente lo stesso trattamento fiscale di chi ne guadagna circa quattro volte tanto; ma sappiamo tutti che non può avere lo stesso tenore di vita. Il teorema alla base di questa decisione potrebbe essere che tanto chi guadagna poco non può comunque spendere, per cui chi guadagna un po’ di più, superata la soglia dei bisogni primari, salvaguardando il quid pluris da poter spendere in acquisti secondari, possa “far ripartire l’economia” (cfr. Da Ronco, Consiglio Comunale del 29-05-12). Tutto ciò a vantaggio delle fasce deboli, perché in questo modo si garantirebbe, a chi guadagna 15.000 euro all’anno, di mantenere il proprio posto di lavoro.
Con buona pace della giustizia sociale.
Noi avremmo trovato più corretto aumentare la fascia di esenzione a 15.000 euro (ora a 10.000) e applicare un’aliquota secca, dello 0,6%, che consente una progressione fiscale molto più equa, essendo riferita ai redditi reali e non alle fasce.

Però questo bilancio siamo stati solo noi a non capirlo, perché ci è parso pieno di contraddizioni e di atti mancati.
Ha convinto invece tutti gli altri, per l’entusiasmo e l’enfasi con cui è stata introdotta la delibera dell’addizionale comunale Irpef, ovvero, citando Da Ronco, rilanciando “la vera politica del sociale che solo noi sappiamo fare”... lo diceva Mary Poppins: “forse può sembrare che abbia un suono spaventoso ... ma ... se lo dici forte avrai un successo strepitoso!”

mercoledì 13 giugno 2012

HARD SKILLS & SOFT SKILLS

Un anno fa nasceva il nuovo governo di Alpignano e il Sindaco dichiarò che la compagine degli Assessori era stata scelta per le competenze.
Affermazione assolutamente condivisibile, difatti era anche uno dei nostri slogan.
Ma a che tipo di competenze faceva riferimento il nostro Sindaco?
La classe politica dovrebbe poter raggiungere i propri obiettivi grazie a un corretto equilibrio di due componenti: opportunità e intermediazione (le soft skills) e capacità e competenze (le hard skills).
Facciamo un esempio.
Il 31 maggio scorso i commercianti di Alpignano sono stati convocati dall'Assesore allo Sport, Cultura e Tempo libero, Solidarietà, Servizio Civile, Pari opportunità, Promozione territorio (e da poco anche al Personale) per presentare il calendario degli eventi dell'imminente stagione estiva.
Obiettivo dell'incontro era chiedere ai presenti la disponibilità ad aderire a questi eventi con un proprio gazebo e farsi così un po' di pubblicità.
La premessa è che, secondo le stime del Sindaco, l'80% circa degli alpignanesi quest'anno non andrà in vacanza, per cui è necessario offrire momenti di svago ai cittadini, con mercatini e manifestazioni diffuse nel centro cittadino.

Se da un lato c'è un soggetto interessato affinché la popolazione riceva una ricca proposta ricreativa, dall'altro però ci si aspettava un altro soggetto capace di tradurre, anche per i commercianti chiamati in prima persona a sostenere questo tipo di iniziative solidali, l'occasione in una opportunità commerciale.
Difatti più di uno dei numerosi commercianti presenti alla serata si aspettava di incontrare l'Assessore al Commercio.
D'altra parte, pur essendo stata una convocazione del settore manifestazioni, è inevitabile che vengano stimolate questioni che esulano dalle deleghe del singolo assessore. E' come se un genitore, andando a ritirare la pagella del figlio, la ricevesse dall'insegnante di un'altra classe, e, di fronte alla propria perplessità, si sentisse rispondere: "ma questa è la consegna pagelle, mica un incontro con le insegnanti..." Una cosa del genere non è previsto che accada, nella scuola.
Quando soft skills e hard skills sono in equilibrio, è più facile dare risposte concrete e seguire strade praticabili.
I commercianti di Alpignano hanno ancora bisogno di risposte, perché il nuovo indirizzo politico (la strada praticabile) di questa amministrazione, seppure sia stato approvato il documento Criteri per il riconoscimento delle zone di insediamento commerciale (che viene definito più semplicemente il Piano per il Commercio di Alpignano),  non è ancora stato chiarito ai soggetti interessati.
Per questo motivo, appena due giorni dopo una dimostrazione di perfetta coerenza in sede di approvazione, da parte di una giunta di centro-sinistra, di un bilancio ... di centro-sinistra (...ma pensa!), ci saremmo aspettati che a parlare con i commercianti ci fosse ... l'assessore al commercio!


mercoledì 6 giugno 2012

MALA TEMPORA CURRUNT


Che quelli in arrivo fossero tempi di grave crisi per gli enti locali era noto fin dalle prime battute della scorsa campagna elettorale: chiunque di noi avesse vinto, sapeva già che si sarebbe scontrato contro la dura realtà dei tagli. Questa sarebbe dovuta essere la premessa di ogni programma politico. Non ci sono sorprese, bisognava fare bene i conti già allora, e farsi venire delle idee.
Volendo sperare che questa amministrazione sia tra quelle che ha salutato con favore il cambio di governo dello scorso novembre, non si può certo scaricare sul governo centrale la responsabilità di un bilancio comunale, che più che la trascrizione in numeri del programma di mandato sembra una vera e propria manovra fiscale.
Ma, dato che tout se tient, la percezione collettiva è che la situazione attuale può essere stata causata non solo da congiunture internazionali sfavorevoli - dagli squali della finanza ai processi di globalizzazione - di cui siamo innocenti e impotenti vittime, ma anche dal fatto che tutti quelli che ci hanno governato non si sono distinti per una grande capacità di gestire le risorse pubbliche - compresi i partiti di sinistra – nell’interesse esclusivo dei cittadini.

Ad Alpignano è stato da poco approvato il nuovo bilancio, da una giunta di centro-sinistra; ma siccome anche la precedente giunta era di centro-sinistra, è ovvio che le differenze riscontrate siano poche. Troppo poco per chi sta cercando delle differenze.

Ma che cos’è un bilancio, e soprattutto che cos’è un bilancio di sinistra? Allora un bilancio dovrebbe dirci in che modo le risorse pubbliche in entrata (le tasse, le tariffe) diventano servizi per la cittadinanza: trasporti istruzione sanità assistenza energia sicurezza.

In estrema sintesi, il nuovo bilancio del Comune di Alpignano è stato presentato come un bilancio che sostiene il reddito, attraverso il controllo della pressione fiscale, allo scopo di favorire i consumi e far riprendere l’economia. Nessuna novità invece per quanto riguarda le uscite, se non per un aumento di risorse sul capitolo manifestazioni. Le solite. Sostanzialmente una fotocopia del bilancio degli anni precedenti.

Per capire il senso della nostra contrarietà a un tipo di bilancio così impostato occorre ampliare lo scenario. Il mantenimento del welfare state – lo stato sociale - è sempre stato garantito dal gettito fiscale. Le tasse servono a questo: un sano principio di redistribuzione delle risorse, con una pressione fiscale crescente in rapporto ai redditi. Un buon livello di servizi e un’alta qualità delle politiche di sostegno del reddito sono garantite solo ed esclusivamente da un elevato prelievo fiscale. E di questo, ovviamente, si avvantaggia la fascia di popolazione con i redditi più bassi. Beneficiare di una valida rete di servizi, in un’ottica di economie di scala, ha infatti un valore enormemente più grande di qualche euro risparmiato in tasse.
In generale, pagare meno tasse potrebbe significare avere meno servizi, a tutto svantaggio di chi ha difficoltà a pagare in regime privatistico tutto ciò che dovrebbe essere il pubblico a offrire: posso comprare più cose, ma ho meno servizi. Temi e linguaggio che alla tradizione della sinistra si accostano con qualche forzatura.

E qui subentra la giustificazione. La retorica della crisi, come espediente entro cui ricondurre scelte politiche scomode e contraddittorie, in realtà nasconde dunque un’altra crisi, ovvero quella della rappresentatività.
Quindi che cosa si potrebbe fare?
Lo sforzo da compiere è stabilire come uscire da questo vicolo cieco, visto che non torneranno più i vecchi tempi. E non si possono reggere i nuovi tempi con la vecchia politica. La realtà ormai è questa, una nuova generazione di amministratori è necessaria: idee, innovazione, cambiamento, per affrontare un futuro da costruire con regole nuove.

Tanto per cominciare, per liberare risorse in “tempi di crisi”, bisogna iniziare con la spending review, una revisione della spesa pubblica, spolpando all’osso i costi della macchina burocratica, che nel tempo si è ingigantita a dismisura, e attuando politiche di contenimento delle spese di gestione del patrimonio e dei servizi pubblici. E poi, cercare risorse nuove, dove non le ha mai cercate nessuno. Questa è la sfida.

Ne “Il bilancio al tempo della crisi”, nel nostro comune, i veri protagonisti di questa spending review sono i lavoratori che gestivano i centri estivi. Saranno sostituiti con volontari.
Poniamo l’attenzione su un tema assai dibattuto in campo sociologico: il rischio che davvero il welfare state, in futuro, in una società organizzata sui modelli attuali, debba essere sostituito dal volontariato.
Non è che magari poi, a qualche nostro assessore, tra qualche tempo - visto che la memoria è corta – verrà in mente di proporre, per la mense scolastiche, che so io, le “nonne cuoche”?