domenica 25 ottobre 2015

PALAZZETTO'S DAY


È ufficiale: il giorno 25 ottobre 2015 il Palasport ha avuto il suo momento inaugurale; per fortuna senza troppa pompa magna, senza troppa enfasi, al cospetto di tante persone che, ancora incredule, hanno potuto finalmente entrare nel ventre di quell'opera che per lunghi anni è stata solo un misteriosa apparizione dal tetto blu.
In un post dello scorso febbraio, http://www.alpignanosicura.blogspot.it/2015/02/scusate-possiamo-usare-il-palasport.html, avevamo avuto modo di parlare, paragonandoli ai tempi di realizzazione dell'Empire State Building, dei lunghi tempi di gestazione e di costruzione di un'opera tutto sommato modesta, sia dal punto di vista del cimento ingegneristico, sia dal punto di vista architettonico-volumetrico: 16 anni, di cui 8 spesi per la sola progettazione e altri 8 per la realizzazione.
Tutti questi anni di cantiere, però, non possono non aver lasciato il segno, su un edificio che ancora prima di entrare in funzione (chissà quando, dato che nessuno fino a oggi se ne è ancora fatto carico), sembra già vecchio. E difatti temiamo che, al momento della sua entrata in funzione - che ancora non si sa quando avverrà - l'opera richiederà già importanti opere di manutenzione ordinaria, se non straordinaria.
Una rapida perizia “a occhio” ha difatti già rilevato le prime magagne, semplicemente passeggiando nell'edificio; non osiamo immaginare che cosa possa venir fuori ispezionando a fondo gli impianti:
  • le controsoffittature di ingresso risultano sporche e obsolete, sia nel disegno architettonico sia come tipologia prevista sul mercato;
  • nella zona della hall di ingresso i blocchetti sono lavorati a vista, con evidenti colature che sono presenti anche nelle parti in cemento armato a vista;
  • il cemento armato a vista è lavorato male e quindi andrebbe trattato con una vernice;
  • i blocchetti in laterizio in corrispondenza degli elementi verticali non sono legati, con evidenti fessurazioni per dilatazione;
  • le piastrelle dei bagni sono in alcuni punti direttamente incollate sui pilastri in cemento armato. Le dilatazioni termiche in relazione alla mancata coibentazione e ai ponti termici porteranno con molta probabilità al distacco dei rivestimenti;
  • in molte parti le piastrelle a parete non risultano stuccate, così come anche quelle a pavimento;
  • nella zona del corridoio parallelo alla parete inclinata il cedimento del cordolo porta-muro ha portato a una fessurazione dei blocchetti a partire dai voltini delle porte fino a terra. Così anche in molti altri punti del palazzetto;
  • i rattoppi di intonaco sulle lastre predalles risultano antiestetici e inaccettabili;
  • i termosifoni risultano da verniciare, non dotati di detentori, coi i tubi di mandata piegati e spesso con coprigiunto mobile;
  • le piastrelle in prossimità delle tubazioni di mandata e ritorno dei radiatori sono scheggiate e non sostituite;
  • i blocchetti sono lavorati in modo tale da non seguire la linea di fuga, con numerose asimmetrie visibili a occhio nudo;
  • i rosoni dei locali docce risultano spesso fissati con un gioco anche fino a oltre un centimetro. I copri placca spesso non sono fissati;
  • gli elementi delle docce, essendo fissati sui blocchetti in calcestruzzo, in molti casi risultano non ancorati al supporto;
  • del tutto inaccettabili sono i giunti nei serramenti;
  • forti dubbi si hanno sulla qualità e la capacità di isolamento termico dei serramenti;
  • il corridoio parallelo alla parete inclinata risulta scaldato, ma la parete è costituita da pannelli in metacrilato o comunque materiale simile, del tutto inadatto alla coibentazione termica;
  • i serramenti porta risultano insufficienti dal punto di vista dell’isolamento termico;
  • le griglie in plastica a pavimento sono fissate malamente, con evidenti dislivelli e stuccature, che risultano esteticamente inadatte;
  • le faldalerie intorno ai serramenti risultano mal tagliate e mal giuntate;
  • evidenti sono i segni di risalita dell’umidità sullo zoccolo esterno;
  • le soglie in serizzo risultano troppo strette e non essendo - molto probabilmente - isolate è possibile il distacco o la fessurazione delle prime piastrelle vicine al serramento;
  • i profili delle balconate al primo piano risultano grezzi e i telai fermavetro mal tagliati negli angoli;
  • due delle tre gradinate con i posti a sedere sono mal disposte in quanto poste sull’asse di gioco e quindi con visibilità del tutto ridotta;
  • il pavimento esterno in autobloccanti presenta evidenti segni di cedimento e quindi gli autobloccanti andrebbero rialzati e ricollocati in opera;
  • fra cordolo in cls e pavimento in autobloccanti vi sono radici tagliate, che la prossima primavera tenderanno nuovamente a spingere sulla pavimentazione;
  • i pozzetti al piede, in alcuni casi, sono privi di coperchi in plastica e i relativi pozzetti, come anche le caditoie, risultano già essere completamente intasati;
  • la scala di accesso al piano dalla balconata al piano primo non risulta finita;
  • i locali del piano primo sono privi di servizi igienici;
  • i parcheggi sono insufficienti rispetto alla capienza possibile del palazzetto;
  • qualora il palazzetto fosse utilizzato per altre manifestazioni, le opere di protezione del manto del campo sportivo risultano sicuramente molto dispendiose e onerose;
  • non è stata prevista la possibilità di un utilizzo parziale dei campi;
  • sul terrazzo del piano primo le guaine sono risvoltate in modo provvisorio, con evidenti giunte;
  • il legname esterno prospiciente al terrazzo è completamente da trattare;
  • i pannelli preverniciati del terrazzo sono bollati e in alcuni punti la ruggine ha già intaccato i pannelli.
Questa è la struttura che, dopo 16 anni di attesa, progettisti e costruttori hanno consegnato alla città, ed è la struttura che l'amministrazione è costretta a mettere a gara, nella speranza che qualche società sportiva trovi conveniente accollarsi costi assurdi di manutenzione e di gestione (non si ipotizzano meno di 300 euro al giorno di costi vivi). 
Nessuno sa quale sarà il miracolo che renderà veramente usufruibile la struttura a noi cittadini, a meno che non si pensi di festeggiare, ogni anno, la ricorrenza del 25 ottobre come il Palazzetto's day.

domenica 18 ottobre 2015

L'ALLEGORIA DEGLI ALBERI

 
Nel cerchietto: Abbattimento piante - ordinanza n° 70 del 5/10/15

Nel post del 17 aprile scorso si era trattato in questa rubrica un argomento leggero, ma che permetteva di gettare un occhio di simpatia su questo nostro paese particolarmente martoriato da incuria e vittimismo.
Si parlava di alberi e fioriture e di quanto sia bello, il viale di Piazza Caduti, in primavera.
All'inizio dell'anno scolastico, che quest'anno è stato piuttosto travagliato, tutti i marcipiedi intorno alla scuola Matteotti sono stati transennati, a causa delle insidie che le radici degli alberi possono provocare ai pedoni (che poi camminano in mezzo alla strada!), per i marcipiedi da cui affiorano grosse radici. Le persone si inciampano e se poi si fanno male, va a finire con una denuncia nei confronti dell'amministrazione.
Dopo qualche giorno l'amara sentenza: tutti gli aberi devono essere abbattuti.
Sulle modalità di ripristino dei marciapiedi, e sulla risoluzione dei problemi della abitazioni, però, nessuna indicazione chiara.
Ma non era forse prevedibile che queste piante metessero radici?
Un'altra domanda è sorta spontanea: ma si devono per forza tagliere, e tagliare tutte, le piante, o si può intervenire con qualche tecnica di contenimento?
Chiaramente togliere un dente costa meno che curarlo, e così la semplificazione: togliamo tutti gli alberi. Se poi togli il dente e non fai nemeno la dentiera, allora spendi ancora meno.
Perché per ripiantumare, per ora, non ci sarebbero le risorse.
Alla luce di queste osservazioni, i lavori sono stati poi sospesi, per una miglior definizione dello stato delle cose.
Ma com'è che i soldi non ci sono mai?
Possibile che la cronica mancanza di denaro ormai non faccia altro che portare a un malsano inteventismo? SI chiudono scuole e passaggi a livello, si abbattono viali alberati che ormai costituiscono la memoria del paesaggio, “perché non ci stanno i soldi”, ma allo stesso tepo non si verificano gli sprechi (ad esempio riscaldare per anni palazzi vuoti), si realizzano discutibili fontane, si nutre il bisogno di entertainment popolare con feste a go-go e vedrai che in primaversa sarà un fiorire di operazioni-maquillage in vista delle elezioni.
SI tagliano gli alberi, perchè tagliare è la metafora della politica attuale: tagliare sarà sempre di più la pratica adottataper contenere la spesa pubblica.
E per le amministrazioni la colpa è sempre di qualcun altro: qualcuno prima di noi e qualcuno che sta più in alto, come se noi non facessimo parte integrante di quell'unico corpo che è il corpo della cosa pubblica. Una cosa pubblica che nella migliore tradizione della politica italiana è sempre stata presa d'assalto dalle forze divoratrici di risorse pubbliche, in un susseguirsi di scandali e tragedie.

Perché i rimedi ci sono, ma se non si è capaci a dominare la spesa pubblica, i soldi non si trovano e non si troveranno mai.
Eppure i bilanci di Alpignano viaggiano sui 14 milioni di euro: ma dove finiscono tutti questi soldi?
Dovremmo iniziare a fare qualche conto...

E intanto arriva almeno una buona notizia:
Erri De Luca assolto perché il fatto non sussiste 

venerdì 9 ottobre 2015

LA FINE DEL LAVORO

Può capitare di incappare per caso in un testo dello storico inglese Perry Anderson, e di trovarvi una delle più interessanti analisi della recente storia italiana, vista con il filtro dell'osservatore straniero: “all'inizio del nuovo secolo non c'era nessun fermento […] tra i ceti più bassi. La classe operaia era atomizzata, non esistevano consigli di fabbrica, il Pci era scomparso, le spinte radicali tra gli studenti e i giovani si erano attenuate. Il capitalismo, in Italia come altrove, non era mai parso più al sicuro. […] Da un punto di vista dei programmi, non molto separava il centrodestra dal centrosinistra […] La consueta lista di priorità dei governi occidentali – privatizzazione del patrimonio statale rimasto, deregolamentazione del mercato del lavoro, progressiva riduzione delle pensioni pubbliche, diminuzione delle tasse – apparteneva al repertorio di entrambi gli schieramenti (da Perry Anderson, L'Italia dopo l'Italia. Verso la Terza Repubblica, Castelvecchi, 2014, p. 45). 
Già vent'anni fa Jeremy Rifkin, un altro noto economista contemporaneo, sufficientemente glamour da andare a genio anche al premier, che l'anno scorso gli fece aprire il congresso per l'inaugurazione del semestre Europeo, tracciava la parabola conclusiva della società industriale, ne “La fine del lavoro”. Era il 1995, ancora non era nemmeno iniziata l'era di internet, e Rifkin scriveva che l'era della fabbrica sarebbe tramontata presto, e insiema ad essa tutto il comparto dei lavoratori in attività, a causa dell'avvento delle nuove tecnologie. L'economia post-industriale avrebbe dovuto fronteggiare così la previsione di una enorme massa di disoccupati che, senza una riorganizzazione del lavoro, avrebbero costituito un colossale problema sociale. 
Un arco temporale di venti anni fornisce una prospettiva storica non molto distante, però di sicuro dimostra che questo cammino non è nemmeno stato intrapreso. I problema, che era evidente da tempo e che alla lunga avrebbe condannato la società a impoverirsi, non è mai stato affrontanto in maniera decisiva da nessuna compagine politica. 
Questo in concreto significa che il lungo processo di transizione da una società capitalistica a una post capitalistica è in pieno svolgimento e sta facendo le sue onorate vittime, senza che vi siano ancora delle soluzioni che consentano alle persone una vera e serena mobilità lavorativa. Alle vittime dei conflitti una volta si ergevano lapidi commemorative. 
Oggi che cosa si erge, in memoria di chi ancora rappresenta il motore delle nostre economie, basate sulle leggi di mercato tradizionali? Dobbiamo accettarla come un inevitabile processo storico, la fine del lavoro, oppure dobbiamo difendere il lavoro per come l'abbiamo conosciuto nel secolo scorso, come una certezza che consenta a chiunque di noi, a buon diritto, di fare progetti per la propria vita, riscrivendo il patto tra salariati e padroni?
Perché se questo sistema continuerà a produrre sempre nuovi poveri, quale potrà essere il modello sociale, che a un certo punto presenterà il conto alla sua classe dirigente? 
Domenica 11 ottobre, alle ore 12, si svolgerà un consiglio comunale aperto (finalmente, almeno uno!) davanti ai cancelli di una delle poche realtà produttive rimaste sul nostro territorio, la Dr. Fischer, l'azienda tedesca che ha rilevato lo stabilimento Philips nel 2011. L'azienda intende chiudere presto i battenti, privando i lavoratori del loro sostentamento. 
La prossima settimana i giornali parlerano tutti di questo consiglio comunale aperto, e l'amministrazione e chi avrà voce avrà potuto dire quanto abbiamo a cuore i problemi dei lavoratori che rischiano di perdere una delle cose più importanti della loro vita. 
Speriamo che in concreto, però, si possano raggiungere dei risultati, e che un pochino questa mobilitazione di tutti noi serva a segnare in modo positivo il futuro di chi sul lavoro fonda il proprio progetto di vita. Perché altrimenti resta solo propaganda. 
Per un approfondimento sul tema della chiusura della fabbrica si veda:
la crisi inizia un anno fa

venerdì 2 ottobre 2015

A VISO APERTO

Saper affrontare le questioni a viso aperto, con i cittadini, soprattutto quando ci sono problemi molto gravi da condividere, è una delle più importanti capacità che dovrebbe possedere chi desidera governare un paese.
Ci sembra un requisito fondamentale. Perché solo così si evitano pregiudizi, fraintendimenti, disinformazione.
Oggi anche qui da noi l'informazione principale passa dai social, ma questa non è vera informazione. Così come non è informazione l'articolo sul giornale a una sola voce. Solo in Consiglio Comunale, dove ci sono le voci delle opposizioni, che sono il pilastro della democrazia, si possono ascoltare i fatti, soprattutto quando sono dimostrati dagli atti.

Questa premessa ci pare importante per raccontare una delle tante storie di debolezza, che hanno caratterizzato la storia della maggioranza di questo paese. Una maggioranza che forse si è trovata impreparata inizialmente a sobbarcarsi il peso di questa vittoria, che si sa, è arrivata in modo del tutto inaspettato.
Però sbagliare serve a comprendere i propri errori.
Già il noto precedente della chiusura del passaggio a livello aveva dimostrato quanto sia importante parlare con le persone. E anche in quella circostanza il Sindaco si era tirato indietro dal confronto, lasciano il posto al suo vice.
E quando noi chiedemmo, per ben due volte, di aprire il Consiglio Comunale alla gente, ci dissero di no entrambe le volte.

Si è creata una seconda inimmaginabile circostanza in cui forse il Sindaco avrebbe dovuto "metterci la faccia".
Ci abbiamo riprovato, dopo la chiusura della Gramsci, a chiedere un Consiglio Comunale aperto, il luogo dove sono presenti tutti coloro "che decidono", perché era necessario che i cittadini si potessero esprimere dinanzi all'organo più importante di questa città.
Perché è stato chiaro sin da subito che la Giunta aveva imposto alla città, per la seconda volta, una scelta che la gente non poteva condividere, né comprendere. Soprattutto quando troppe erano le versioni dei fatti.

La lettera per la richiesta del Consiglio Comunale aperto, firmata da Alpignano SiCura e dai 4 consiglieri del Pd, è partita il 3 luglio 2015.
Il 6 agosto, dato che il Presidente del Consiglio non si era espresso (il regolamente impone 20 giorni per la risposta), abbiamo mandato un sollecito.
Dopo varie telefonate al segretario generale, che risponde il 10 settembre spiegando che il Presidente non è tenuto a convocare il Consiglio, ma ne ha solo la "facoltà", ecco che finalmente Sindaco e Presidene del Consiglio ci rispondono, il 29 settembre 2015. Riportiamo il testo integrale della risposta:

"Con riguardo alla richiesta di convocazione di un Consiglio Comunale aperto in merito alla chiusura della scuola "Gramsci", premesso che la questione era già stata affontata nella conferenza dei capigruppo del 07/07/2015, questa amministrazione considera superata la richiesta, sia a seguito della ripresa delle lezioni, sia a seguito della programmazione e della parziale realizzazione dei lavori di manutenzione delle Scuole Tallone [non è un errore n.d.r.] e Matteotti."

È come se, rompendosi un oggetto in garanzia, il servizio di assistenza lasciasse passare il tempo per poterti rispondere: "ma è scaduta la garanzia".

E qui siamo a sottolineare che in corcostanze come queste, a volte, per non mettersi tutti contro, basterebbe comportarsi da gran signori!

Ma ora passiamo alle belle iniziative:
Il primo albergo etico in Italia, gestito da ragazzi con la Sindrome di Down, Albergo Etico Download