giovedì 12 settembre 2013

CAMPAGNA ELETTORALE PERMANENTE



Le previsioni effettuate dai burocrati tendono a essere utilizzate per alleviare l’ansia piuttosto che per mettere in atto politiche adeguate […] Si dice spesso che “il saggio è colui che vede arrivare le cose”. Forse il saggio è colui che sa di non poter vedere le cose molto distanti.
Nassim Nicolas Taleb, Il Cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita, 2008, Il Saggiatore, p. 177.

Lo stato di assuefazione alla politica, che però seguiamo con interesse per vedere fino a che punto si riesce ad arrivare, è dovuto anche allo stato di sospensione che i politici possono permettersi rispetto alle cose da fare, che incidono sulla qualità della vita di tutti.
Non ci rendiamo nemmeno più rendere conto che noi tutti viviamo ormai da anni in uno stato di assedio da campagna elettorale permanente. E quando poi le campagne elettorali arrivano realmente, ci appassioniamo come tifosi senza giudicare più di tanto ciò che è stato fatto.
Responsabilità dei media, dell’audience, della “liquidità” dei partiti politici, per cui tutto si confonde nella stessa acqua, non c’è più nessuno che parla di fatti. Si sparla tantissimo, si parla di intenzioni, di grandi concetti, di bisogni da soddisfare, ma nella prospettiva di un futuro continuamente spostato in avanti e per questo mai raggiungibile. Non sono mai stati utilizzati strumenti di misurazione efficaci, per dare un voto al politico efficiente. Basterebbero dei semplici grafici.
Ma le cose? Chi si prende la responsabilità di fare le cose?
A livello locale è ancora più facile rendersi conto degli scarsissimi progressi che fa la politica, che non è più in grado di prendere le decisioni. Perché le decisioni non si prendono rispetto agli obiettivi, ma si prendono rispetto a un corpo elettorale che ovviamente non può avere né forma né consistenza, e quindi sarebbe del tutto inutile prendere (o non prendere) le decisioni in base a improbabili e sempre in progress proiezioni a spanne.
Tutto questo comporta poi che si dia eccessiva enfasi a quel poco che è stato fatto e a tacere ciò che non è stato fatto.
Meritano gli alpignanesi, che hanno dato fiducia a questa maggioranza, perché si distinguesse dall’immobilità della precedente e “facesse le cose”, di essere continuamente illusi?
Ma perché il politico non è capace di riconoscere i propri errori? Perché il politico non può dire che una cosa non è possibile farla?
Anche da parte nostra c’è stata l’intenzione di dare fiducia affinché si lavorasse bene e meglio, ma oggi non possiamo fare altro che constatare che, essendo arrivato il momento per cui il lavoro del gruppo dirigente del paese dovrebbe già essere totalmente impostato per essere concluso entro la fine della legislatura, non c’è razionalità, organizzazione e organicità nel lavoro avviato.
Non si può certo pensare che gli alpignesi possano essere soddisfatti perché è stato aperto lo sportello del commercialista, ed è stata realizzata una fontana!
Una volta saldati i giusti debiti elettorali, una cosa a cui la politica italiana “storica” non sarà mai capace di rinunciare, però si deve iniziare a lavorare.
La cosa che ci continua a stupire è che ci sarebbero così tante cose da fare, da persuadere anche gli elettori più scettici e perplessi, senza il bisogno di essere condizionati dall’ossessione della riunificazione del centro sinistra. Se questa maggioranza si desse da fare, anche solo a chiudere alcune questioni aperte, stravincerebbe alle prossime lezioni senza il bisogno di chiedere niente a nessuno. Se questa maggioranza sta lavorando bene, ne è convinta e potrà dimostrarlo, non avrà bisogno di null’altro per essere riconfermata. Noi stessi daremmo il nostro contributo.
Ma da ciò che vediamo, come si fa a non chiedersi quali siano i reali obiettivi di questa maggioranza, se le “voci di corridoio”, ammesso che abbiano un valore, comunque portano a fare tutta una serie di riflessioni?
Per concludere, vorremmo che prima o poi chi gestisce un’amministrazione, anziché iniziare dal primo giorno di legislatura a impostare la successiva campagna elettorale, si mettesse a testa bassa a lavorare, con la matura convinzione che solo con i risultati concreti si conquista la stima dei cittadini, che solo in seconda battuta sono da considerarsi elettori.

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