giovedì 30 gennaio 2014

PRIMO SETTORE



Domenica scorsa, 26 gennaio, si è svolto il consueto ritrovo dei coltivatori diretti, per festa di Sant’Abaco. Alpignano SiCura, per il secondo anno, ha preso parte alla giornata, condividendo il principio che alla base della vita sociale ci siano forme di aggregazione che offrono momenti di confronto a chi ha interessi comuni.
Ma che a cosa pensiamo noi, quando pensiamo alle caratteristiche e alle potenzialità di questo cosiddetto “primo settore”, alla base di ogni società più o meno evoluta?
Premesso che dovremmo abbandonare l’abitudine riduttiva di parlare per categorie, perché la distinzione della società in gruppi ha sempre creato antagonismi e non alleanze, si tratta di passare da una visione che ragiona per la difesa di alcune specificità, a una visione che mette in rete esperienze e condivide saperi, per moltiplicare le esperienze.
E quindi non su può pensare ad agricoltura senza pensare alla trasformazione dei beni e alla rete dei servizi necessaria per fare in modo che essi esprimano altre esternalità.
Nessuno, credo, pensa ormai che il mestiere dell’agricoltore, seppur duro e ancora molto fisico, sia segnato dalla fatica dei nostri avi. Chi di noi non ha origini contadine?
Sappiamo che “nutrire il pianeta” è la sfida che si pongono le nazioni per il futuro dell’umanità, e difatti l’Expo 2015 sarà un evento dedicato a questo argomento, ed è una sfida che solo con precise sinergie tra economia e politica potrà dare soluzione a un problema a cui da decenni si dedicano diversi tipi di organizzazioni internazionali.
Sappiamo anche che una nuova generazione di imprenditori sta rivolgendo la sua attenzione alle enormi potenzialità che si aprono quando la domanda di qualità inizia a superare logiche quantitative, figlie di visioni produttive non più sostenibili: gruppi di acquisto, prodotti biologici, presidi slow food, chilometri zero, stagionalità, ristorazione locale, agriturismo sono concetti che ormai hanno fatto preso su larga parte dei consumatori e dei fornitori di beni e servizi.
Una nuova cultura del gusto sta trasformando i consumatori di merci in consumatori di beni.
Al di là degli aspetti commerciali che possono aver assunto alcune tra le più note di queste iniziative, ci sono alcuni fattori culturali di grande interesse e che devono diventare la base delle scelte politiche del futuro.
Tutto questo sta infatti innescando conseguenze significative anche a livello di recupero del nostro patrimonio rurale, fatto di segni che giacciono nella memoria collettiva, quasi immutate mappe di secoli di uso agricolo del territorio. Dovrebbe diventare interesse delle istituzioni mantenere le tracce, conservando l’equilibrio tra territorio urbano e territorio agricolo. Visto dall’alto, il mondo rurale offre ancora spettacoli suggestivi, che vanno preservati. Forme di turismo rurale stanno diventando sempre più frequenti e la campagna è ormai meta consueta di un più colto turismo estero.
Alcuni comuni hanno avviato addirittura processi inversi, per cui si restituisce territorio all’agricoltura, anziché rendere edificabili terreni agricoli. Questa controtendenza evidenzia che forse nel futuro ci sarà più bisogno di terra da coltivare che di case.
Alla base quindi dei nuovi processi di trasformazione della nostra economia si dovrà immaginare il rapporto tra sistema imprenditoriale e territorio. L’agricoltore sarà probabilmente il più moderno e il più preparato tra gli imprenditori: gli agricoltori come custodi della tradizione e del territorio, che hanno interesse diretto a salvaguardare, a beneficio della salute di tutti, e agricoltori come avanguardia di un processo di trasformazione dell'agricoltura da produttrice di beni primari a centro di servizi e forse, chissà, motore di future economie di scala locale e globale.
In Italia l’agricoltura deve diventare il nuovo motore del nostro paese, poiché piani industriali e piani casa appartengono a una stagione di sviluppo che ha esaurito le sue potenzialità mezzo secolo fa. Fortunatamente le nuove generazioni stanno cogliendo questo passaggio e da quest’anno le iscrizioni alle “green university” hanno superato le tradizionali branche, quali medicina, architettura, giurisprudenza. Significa che una nuova sensibilità ha raggiunto i giovani, le sentinelle di questo mondo che cambia e che deve cambiare.
La realtà arriva sempre prima della politica e per fortuna la società civile coglie sempre prima i segnali del cambiamento. Attenzione però, che accade spesso che quando arriva la politica crea sempre una zavorra, appesantendo poi lo spirito di iniziativa e l’innovazione con la burocrazia.
Quando avremo una politica che traccerà il percorso, anticipando sogni e bisogni?

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