sabato 21 giugno 2014

NUOVE FRONTIERE PER I PIANI REGOLATORI




estratto della tavola sul Centro Storico della bozza di variante preliminare al P.R.G.C.


è ufficialmente partito il processo che doterà il comune di Alpignano di una nuova variante generale al Piano Regolatore.
Nel Consiglio Comunale del 19 giugno scorso è stato presentato il documento, nella sua forma integrale, dal gruppo dei professionisti incaricati, con un lunghissimo e preciso intervento, che ne ha messo in luce le novità e gli obiettivi.
Ma a che cosa serve, oggi, un piano regolatore, quando è ormai diventato patrimonio comune e indiscusso che la città non può e non deve più crescere?
I piani regolatori moderni sono arrivati purtroppo quando la speculazione edilizia aveva già fatto i suoi danni sulla città, lasciando in eredità alle generazioni future un patrimonio edilizio mediocre e scarsamente attento ai valori del paesaggio e alle vere esigenze dell’abitare, alla distribuzione dei servizi, alla condivisione degli spazi, favorendo la speculazione sui terreni liberi, la ghettizzazione dei disagi e massimizzando la rendita del centro storico.
Intorno ai piani regolatori si sono sempre mossi straordinari interessi e non sono mai stati esenti dalla pesante influenza degli interessi politici, che nella combinazione tra spregiudicati uomini di affari, partiti trasformati in comitati d’affari, tecnici comunali burocratizzati - tutti indifferenti al consumo di suolo - hanno stravolto e devastato, pensando di organizzarlo, il territorio.
Le teorie che si sono succedute hanno avuto di volta in volta alla base principi sempre diversi.
Oggi finalmente si è messo al centro della pianificazione il bisogno di preservare l’agricoltura e il paesaggio, i corsi d’acqua, la fauna, insomma l’ambiente naturale e il settore primario.
Dopo 50 anni di danni pressoché irreversibili alla natura e all’agricoltura, i professionisti del DUEMILA (spesso la vecchia guardia convertita al già consumato concetto della sostenibilità) fanno ammissione di colpa e ammettono che effettivamente si sono buttati via milioni di metri quadri di terreni fertili di prima categoria, ovvero quelli che nutrono il pianeta, per costruire immense, disorganiche e tristi periferie.
E pensare che il prossimo Expo2015 si intitola proprio “Nutrire il pianeta”: come primo atto si getta una piastra permanente di cemento di 35x325 metri, consumando da sola più di 11.000 mq di terreno agricolo: davanti allo spettacolo dei grandi eventi non ci si può fermare.
Riusciremo veramente a fermarci?
In questa selva di contraddizioni facciamo tesoro almeno di un fondamentale insegnamento: è arrivato il momento che si smetta di pensare all’edilizia come produttrice di ricchezza, per finanziare le casse comunali (gli oneri di urbanizzazione) e si inizi a pensare alla rigenerazione urbana, ovvero il recupero del costruito in tutte le sue forme, non solo centro storico, come forma di risparmio.
Si dice che negli anni ‘70 i piani regolatori si siano fatti con i sociologi, negli anni ‘90 con i filosofi, oggi si devono fare con gli avvocati. Perché è ora di sfidare i limiti definiti da standard e tipologie edilizie, e di iniziare a pensare che la città deve rivedere le regole che ne determinano la sua trasformazione, partendo dalla revisione dell’impianto normativo che attualmente congela le relazioni tra le parti.
E per rimanere in tema, tra le belle iniziative, si segnala:
 

Nessun commento:

Posta un commento