domenica 30 dicembre 2012

DISCORSO DI FINE ANNO























"cari alpignanesi buongiorno,
sono Tamara Del Bel Belluz, esponente della Lista Civica indipendente Alpignano SiCura, presente in Consiglio Comunale dal giugno 2011. 
Ringrazio in primo luogo il gruppo che rappresento, spero degnamente, che mi ha sempre sostenuta e a cui sono riconoscente, per aver confidato nelle mie capacità; ringrazio anche tutti coloro che seguono questo blog, appuntamento settimanale ormai fisso per molti cittadini.

A conclusione di quest'anno, vorrei condividere con voi le mie riflessioni, su alcune questioni che mi stanno molto a cuore.

Come ricorderete, ci siamo posti un obiettivo molto alto, quando ci siamo costituiti, ovvero tentare di vincere le elezioni comunali da soli, perché in quel particolare momento
storico eravamo convinti che la debolezza di chi governa sia a volte determinata dalla difficoltà di tenuta delle coalizioni.

Com’è naturale che sia, presentandoci come una forza politica nuova, abbiamo dovuto necessariamente fare molta più fatica a essere convincenti e credibili, e ancora oggi, come secondo partito del paese, sentiamo l’importanza di dimostrare continuamente di essere all’altezza del ruolo.

Ma noi crediamo, in questi quasi due anni di vita del gruppo, di aver lavorato con attenzione e preparazione, con l’obiettivo di diventare un riferimento nuovo, ma radicato sul territorio, guidato dalla volontà, dalle competenze e dalla passione di tutti i membri del gruppo, nella speranza che altre persone, come noi, sentano la vocazione a prendervi parte e divenire sostenitori attivi.

Vi assicuriamo che non è passato un solo giorno, da che siamo nati, in cui non ci siamo impegnati, in qualche modo, a pensare al nostro ruolo e a quello che possiamo fare per la nostra città.

Abbiamo iniziato il lavoro forse dai punti più facili e immediati, ovvero l’approfondimento del sistema degli appalti e del destino delle opere pubbliche incompiute. Dato che le amministrazioni in generale hanno sempre e solo visto il sistema delle opere pubbliche come canale privilegiato per gli investimenti, è quello l’ambito in cui si investe la maggior parte delle risorse. Ed è per noi alpignanesi la zavorra che ci portiamo dietro da almeno dieci anni e che va risolta in modo definitivo con un cambiamento di rotta.

Dal nostro esame risulta che il bilancio del paese è in ostaggio di scelte che si sono succedute nel corso di varie legislature, in opere che non hanno ancora prodotto un ritorno: ogni investimento DEVE produrre un ritorno per i cittadini, non necessariamente economico, ma di benessere, di immagine, di qualità della vita. Spesso però si tratta di occasioni sprecate, che generano inaccettabili sprechi di risorse pubbliche. Questa per noi è una sorta di ossessione, e stiamo cercando negli atti e nei documenti, per quanto sia possibile, la risposta a questi nostri dubbi.


Con questo nuovo anno, però, viene il tempo di pensare anche ad altro.


Alpignano purtroppo sconta problemi gravi e cronici, in parte congeniti, in parte derivanti da una situazione generale, a cui ancora la politica nazionale non è riuscita a indicare una via di uscita decisiva, anche sul lungo periodo, perché troppo impegnata a risolvere problemi di identità.

Ora è il momento, per chi ci governa, di rischiare. Vanno fatte scelte in base a una visione sul lungo e lunghissimo periodo, soprattutto se si parla di temi quali il lavoro e l’istruzione, che poi sono fatalmente correlati.

Se da un lato c’è un sistema politico che stenta a rinnovarsi, dall’altro ci sono ricadute a livello locale, che vanno accettate e gestite, visto che è impossibile un ritorno al passato. Si deve trovare un modo per mettere 'al riparo' i nostri campanili e affrontare con maggiore serenità le trasformazioni nel settore dei trasferimenti dello Stato.

Alcuni comuni ce l’hanno fatta e sono i comuni che si sono resi indipendenti da punto di vista delle risorse e del lavoro. Anziché fare propaganda anti-sistema, hanno cercato proprio nelle maglie dello stesso sistema i punti a cui aggrapparsi, in modo molto concreto: dal ciclo dei rifiuti alla gestione delle risorse energetiche, dall’artigianato specializzato a un progetto di scuola proiettata verso modelli internazionali, dalla valorizzazione delle competenze professionali all’investimento sui 'gioielli di famiglia', dalla cura del tessuto edilizio alla difesa di patrimoni e di beni naturali inestimabili. è necessario creare una rete di sostegno, multiforme e variegata, che copra bisogni e valorizzi le vocazioni naturali della comunità. Ogni paese ne ha almeno una.

Bisogna recuperare il concetto di comunità, perché mai come in questi tempi è fondamentale sfruttare tutte le potenzialità dei sistemi di cooperazione, dal lavoro alla cura e alla tutela delle fasce deboli, perché si sta incrinando lo stato sociale, aumentano le forme di discriminazione e si stanno perdendo alcuni valori tra le nuove generazioni. Ci pare quindi fondamentale rafforzare la rete dei rapporti tra persone, per rendere sostenibile la cura degli anziani, dei bambini e dei portatori di disabilità, senza dimenticare che occorre monitorare costantemente i nuovi orizzonti della mentalità giovanile.

Siamo tutti diventati più fragili di fronte a questa crisi, ma c’è chi ovviamente ne risentirà in modo diretto e forse irreversibile.

Anche da noi si devono affrontare in modo organico questi argomenti. Al centro del nostro programma elettorale c’erano scuola, politiche giovanili, associazionismo e recupero del centro storico. Ancora questi temi per noi restano di primaria importanza; sono i temi su cui spaccarsi la testa per farsi venire delle idee, perché questo i cittadini devono pretendere dai propri amministratori. Il resto è 'ordinaria amministrazione', che qualsiasi amministratore che ambisca a tale ruolo deve saper fare, per usare un termine che ormai tutti comprendono, di default.

Temiamo però che, com’è tipico della cultura degli amministratori italiani, si pensi che i veri investimenti siano solo quelli destinati alla realizzazione di opere pubbliche. Ma non sempre le opere pubbliche sono l’investimento più appropriato per un paese; in alcuni casi - e questo succede ovunque - le opere pubbliche sono addirittura il prezzo da pagare per il sostegno politico ricevuto, insieme alla valorizzazione delle rendite fondiarie.

Queste sono le due potenziali degenerazioni su cui i cittadini devono costantemente vigilare, perché la delega del voto non prescinde dal controllo e dalla verifica continua di chi governa.

E ora più che mai noi cittadini siamo chiamati a fare la nostra parte, perché il piano regolatore inizierà presto a prendere forma e le scelte compiute saranno determinanti e irreversibili per il futuro della città. è lì che verrà scritto come vogliamo che sia il nostro paese domani.

Allora vogliamo chiudere questo anno terribile condividendo la nostra visione: non si può pensare di cambiare le regole del gioco da un giorno all’altro, e nemmeno modificare radicalmente un sistema economico e gestionale. Però si può iniziare a vedere le cose con una nuova mentalità, con una nuova maturità, con nuovi strumenti di valutazione, che ci permettano di giudicare l’operato della classe politica nel suo complesso.

Noi vorremmo trasmettere ai cittadini l’idea che la politica non debba rispondere alle richieste dei più forti gruppi di pressione, ma debba immaginare, instaurare e perseguire un modello istituzionale, che permetta a tutti di sentirsi tutelati.



Noi ci crediamo in tutto questo, ma da soli non ce la possiamo fare.



Personalmente, mi trovo all’opposizione in un momento in cui vi sono tensioni dovute alla compresenza in maggioranza e minoranza di esponenti della cosiddetta area del centro-sinistra. La ‘strana’ minoranza - perché in realtà rappresenta le preferenze della maggioranza degli elettori - è indebolita dal reiterato richiamo all’unità del centro-sinistra e quindi i tentativi che noi compiamo per evidenziare le contraddizioni e i nodi irrisolti delle scelte effettuate, o semplicemente per esprimere un altro punto di vista rispetto alle proposte, risuonano al momento come parole nel vuoto.

La storia del Consiglio Comunale degli ultimi vent’anni è la storia di un intreccio di protagonisti e di scelte che si ripetono, e siamo noi la prima voce fuori dal coro, la prima consistente novità, dalle potenzialità ancora tutte da scoprire.

Il nostro operato viene però minimizzato, le cose che diciamo vengono tacciate di ingenuità, perché - dicono - siamo quelli che ‘non hanno esperienza politica’.

Ma se avere esperienza politica significa sempre e solo ritrovarsi a porte chiuse tra le pareti degli uffici dei nostri assessori, per stabilire le regole di un compromesso al ribasso, in cui tutti devono avere un tornaconto, allora è vero, non abbiamo 'esperienza politica'. Ma amiamo la politica e vorremmo recuperasse il suo vero valore.

Mi è capitato inoltre di ricevere osservazioni sulla mia scarsa aggressività - o addirittura cattiveria! - nei dibattiti consiliari. Pare che la prassi sia che ci si scanni, e poi si vada 'a prendere una birra insieme'. 
Non condivido questo atteggiamento e non fa parte del mio modo di essere. Non è così che vorrei che avvenisse il confronto politico, con le dinamiche a cui ci ha abituati il bisogno di audience dei talk show urlati, perché solo chi dà più spettacolo ha maggiori chance di apparire sui giornali.

Io non ci sto. Termini quali 'avversario' e 'nemico' non fanno parte del mio linguaggio e aggressività e accuse gratuite non fanno parte del mio modo di confrontarmi. Preferisco umanità e rispetto, che ritengo ancora valori fondamentali, perché attribuisco principale importanza alla consocenza degli argomenti di cui si dibatte, all'entrare nel merito delle questioni, anche in modo critico, cercando SEMPRE di argomentare le posizioni.

Continuerò quindi a svolgere, per ciò che sarà nelle mie possibilità, un paziente e accurato lavoro di analisi insieme a tutto il gruppo, animato da persone intelligenti, preparate, entusiaste, che hanno a cuore il destino di una città che merita di rinascere.



Mi rivolgo a tutti voi cittadini: a chi volete dunque chiedere di cambiare?



Rivolgo invece ai politici una richiesta:

basta affrontare il dibattito politico seguendo la logica dello scontro e dell’attacco. Analizziamo le scelte e le loro conseguenze da tutti i punti di vista e dichiariamo onestamente, che cosa esse sottendano, e verifichiamo insieme se siano o meno le scelte più corrette;

basta giocare con termini come 'destra' e 'sinistra', come se ci fossero ancora dei nemici da combattere, con un linguaggio comprensibile solo a chi ha vissuto il clima della guerra fredda; queste categorie di pensiero creano e alimentano pregiudizi sulle persone prima che sulle loro cariche istituzionali e hanno ormai esaurito la loro portata storica;

basta accusare i predecessori dei fallimenti e degli errori che abbiamo ereditato. Dove eravamo noi quando le cose accadevano? Perché non abbiamo vigilato?

E mi rivolgo anche ai giornalisti:

basta con le strumentalizzazioni, con le semplificazioni banali, con le riduzioni, basta con i titoli civetta, con estrapolazioni fuorvianti rispetto ai concetti da comunicare; chiediamo di avere maggior rispetto per le opinioni argomentate, perché non è necessariamente vero che l’opinione di chi ha una tessera di partito conti più delle altre. Abbandoniamo termini come ‘polemica’, ‘attacco’, ‘scontro’, ma torniamo ai termini più costruttivi di 'analisi', 'confronto', 'proposta', che rappresentano meglio i motivi per cui valga la pena di fare ancora politica oggi.

Dobbiamo imparare a utilizzare un linguaggio che ci permetta di dialogare in modo trasversale alle generazioni e alle ideologie politiche, in cui ancora qualcuno, possiamo concederglielo, si identifica.


Buon Anno a tutti, che il 2013 ci porti le risposte che cerchiamo per la nostra vita.



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