giovedì 29 gennaio 2015

NON DIMENTICHIAMO




Non dimentichiamo 
lo sterminio di massa di cui si è appena celebrata la ricorrenza, inimmaginabile punto di arrivo che si può raggiungere quando alcuni esseri umani odiano altri esseri umani.
Non dimentichiamolo mai, anche se il dolore per quelle vicende è troppo forte da sopportare.
Ma non dimentichiamo che quotidianamente la nostra esistenza è minacciata da numerosi e imprevedibili accadimenti destinati a mutare, da un secondo all’altro, il corso di una o tante vite.
Non dimentichiamo, perché se dimentichiamo ci arrendiamo alla sorte, pensando che tutto sia ingovernabile dalla volontà.
Non dimentichiamo, perché abusi e soprusi fanno ormai parte della cronaca di ogni giornata che si consuma cercando di vivere una vita migliore.
Non dimentichiamo le vittime di ogni violenza o sciagura
non dimentichiamo l’Aquila
non dimentichiamo Taranto
non dimentichiamo la Terra dei fuochi
non dimentichiamo gli alluvionati
non dimentichiamo i disoccupati, i nuovi poveri
non dimentichiamo la solitudine dei nostri adolescenti
non dimentichiamo gli ammalati, gli invalidi
non dimentichiamo i morti di freddo
non dimentichiamo i morti del mare
non dimentichiamo la violenza sui bambini
non dimentichiamo gli eccessi del fondamentalismo religioso
non dimentichiamo le discriminazioni sulla base di genere e tendenze sessuali
non dimentichiamo gli immigrati, ma non dimentichiamo che non sono tutti banditi
non dimentichiamo la violenza sulle donne, ma non dimentichiamo che i maschi non sono tutti bruti
non dimentichiamo il G8 di Genova, Aldrovandi, Cucchi, ma non dimentichiamo che le forze dell’ordine non sono istruite al sopruso
non dimentichiamo Erri De Luca, da ieri sotto processo per aver varcato il confine che ancora circonda la libertà di opinione.
Non dimentichiamo… non dimentichiamo nulla di ciò che l’essere umano può arrivare a commettere, ma non abbandoniamo la nostra umanità, in segno di resa.
Perché anche se non c’è nulla di tutto questo che non possa capitare nuovamente, o che non possa succedere indipendentemente dalla nostra volontà, solo se l’essere umano sarà capace di mettere al centro il benessere di tutti, la società potrà evolvere.
Non dimentichiamo nulla ma non facciamo prevalere diffidenza e invocazione della forca per ogni manifestazione che merita un’aperta condanna. Non approfittiamo della ribalta dei social network per esprimere il nostro disprezzo celato da bisogno di giustizia. Non insegniamo queste cose ai nostri figli. Non cerchiamo i segnali della cospirazione in ogni evento: non perdiamo la fiducia nelle persone, perché le risorse positive sono ancora tantissime e le dobbiamo proteggere.
Non lasciamo che le coscienze si sveglino solo se qualcosa capita a noi o a chi ci è caro: sviluppiamo anticorpi all’intolleranza, coltiviamo la riprovazione sociale, facciamo in modo che la conoscenza e la coscienza critica siano in grado di filtrare le informazioni, evitiamo di cadere nelle trappole della paranoia. Non dimentichiamo che possiamo intervenire quando le cose non ci piacciono; non pensiamo che in fondo non cambierà mai niente e basta che stiamo bene noi e i nostri figli.
Anche chi sta bene ora, fiero del suo piccolo gruzzolo apparentemente al riparo, non è al sicuro, se lascia completamente il suo destino nelle mani degli altri.
Tutti insieme, ricordiamoci di non dimenticare, alla scoperta della solidarietà come sentimento collettivo.
Perché se tu stai bene, sto bene anche io.
“Nell’aula del Tribunale di Torino il 28 gennaio 2015 non sarà in discussione la libertà di parola. Quella ossequiosa è sempre libera e gradita. Sarà in discussione la libertà di parola contraria, incriminata per questo.”


Erri De Luca, La parola contraria, Feltrinelli, Milano, 2015, p. 40
 

E ora il link alle belle iniziative:

6 commenti:

  1. Denunciare De Luca è stato un errore. Intanto è un errore perché la denuncia servirà allo scrittore per fare l’eroe se viene assolto, e il martire se viene condannato.
    Detto questo, però, una cosa deve essere chiara. Sotto processo non c’è la libertà di espressione, ma frasi che giustificano o addirittura sollecitano atti violenti per contestare qualcosa che si ritiene sbagliato; e sono frasi pronunciate in momenti in cui in Valsusa c’erano incidenti, aggressioni, feriti, minacce.
    De Luca ha tutto il diritto di pensare che ribellarsi in modo violento sia giusto: l’ha detto in tante occasioni, nel corso della sua vita. Non ha il diritto, però, di ritenersi irresponsabile di quello che dice; di scindere quello che scrive da quello che accade, magari dicendo, come ha fatto nel suo libro, che “se dalla parola pubblica di uno scrittore seguono azioni, questo è un risultato ingovernabile e fuori dal suo controllo”. Eh no! Di quello che si scrive, si risponde! Magari non in un aula di giustizia, ma si risponde.
    L’espressione è libera. Però non è irresponsabile. Per nessuno, neanche per chi dice di essere un intellettuale.

    (Michele Brambilla - La Stampa - 29 gennaio 2015)

    RispondiElimina
  2. Ognuno di noi ha sempre la responsabilità di cosa fa e di cosa dice e questa responsabilità è tanto più grande, tanto più è grande il seguito delle persone che lo ascoltano. Non solo, la stessa cosa ha responsabilità diversa anche a seconda del tipo di interlocutore. Non possiamo pensare di usare lo stesso linguuaggio per dei bambini, piuttosto che deglibanziani. Ogni linguaggio ha sempre bisogno di essere contestualizzato e la responsabilità di un utilizzo non consono è tanto più grande quanto più chi la espone ha i mezzi culturali per poter scegliere. Non dimentichiamo di Borsellino, di Falcone, di Livatino, di ambrosoli, di ciò che è successo in uganda, in ruanda, in jugoslavia.......non finirebbe l'elenco, non dimentichiamoci di tutti quegli eoi comuni che ogni giorno insegnano ai propri figli a rispettare le idee altrui senza per altro non riunciare ai propri ideali, a capire che la propria libertà finisce laddove incomicia a limitare quella degli altri......anche nelle idee. Gianni Brignolo

    RispondiElimina
  3. Non si processano le idee, non si processa il pensiero critico anche quando si esprime attraverso le provocazioni e le incitazioni alla disobbedienza. Lo Stato democratico ha il dovere di discriminare ciò che istigazione alla violenza da ciò che è sollecitazione al pensiero critico. Con lo stesso metro perché non processiamo Borghezio ogni volta che apre bocca per ribadire la sua idea razzista e xenofoba nei confronti di chiunque non sia di pura razza padana! Non è forse una istigazione che troviamo agita sempre più diffusamente su tutto il territorio nazionale e anche fuori dai nostri confini?
    La battaglia No Tav è qualcosa di più di una opposizione ad un’opera pubblica è la messa in discussione di un modello di sviluppo che è disposto a sacrificare l’ambiente, le economie locali, la vita stessa delle persone per affermare la logica della crescita infinita fine a se stessa, per favorire lobby bipartisan che nulla hanno a che vedere con l’effettiva utilità dell’opera in oggetto ma solo del vantaggio economico che ne deriva.
    Perciò la disobbedienza è sotto processo. Roberto Canola

    RispondiElimina
  4. ..a volte anche della buona musica può dar luogo ad esecuzioni stonate, a delle disarmonie. Anche scrivere o organizzare testi e contenuti, di per sé ottimali o culturalmente elevati, può dar luogo a discrasie non volute. In questo caso, in questo "rimemorare" pagine della shoah con le cronache no tav, mi pare si sia determinata una dissonanza che si poteva evitare.

    RispondiElimina
  5. stavo mettendo insieme un po' di riflessioni al riguardo, e pensavo a questo. Domenica sono andata al Castello di Miradolo a vedere una bella mostra monografica sul tema del San Sebastiano, iconografia sacra che percorre diversi secoli della storia dell'arte. La Storia dell'arte, per l'appunto, non è solo "arte", ma anche "storia". E allora riflettevo sul fatto che, ad esempio, il soldato martire era in realtà un militare dell'esercito imperiale, che decise di "sabotare" quindi il potere costituito aiutando i cristiani. E per questo fu punito con la morte (taglio della testa). Ecco che diventa subito evidente che la storia diventa una storia di continui sabotaggi, anche senza scomodare i santi. E dato che nella storia dell'uomo tutto si tiene, anche dove non sembrano esserci evidenti e immediate connessioni, ecco che mi viene in mente anche Schlinder's list: anche questo personaggio stava "sabotando" un progetto pianificato dal potere costituito. Nessuno si sognerebbe ora in prospettiva storica di condannare queste due forme di sabotaggio. Aspettiamo quindi a giudicare le azioni delle persone che rischiano sulla propria pelle (o la libertà) per una causa che ritengono giusta, a cui solo la storia potrà o meno dare ragione, e portiamo solo all'attenzione generale il loro verificarsi.

    RispondiElimina
  6. dato che il post non mi pare che si concentri sulla figura di Erri De Luca o sul movimento NOTAV, ma, tra gli spunti, ad esempio rintraccia il tema della paranoia e del complottismo nell'Era Social, trovo strano che nessuno abbia ancora fatto la sparata che si tratta di un espediente messo in atto da Feltrinelli in accordo con qualche giudice amico per far aumentare le vendite dei libri di De Luca e aumentare così i capitali privati dello stesso, alla faccia di tutto il suo rifiuto per questo modello di sviluppo.
    Così come nessuno ha gridato allo scandalo che il giudizio di Brambilla potrebbe essere fuorviato dal fatto che trattasi di un giornalista di indubbia matrice cattolica, che arriva dalle redazioni di Libero e de Il Giornale e quindi portatore di un giudizio moralisticamente un po' scontato

    RispondiElimina