Si è svolto il 26 marzo il Consiglio
Comunale conclusivo del lungo iter di approvazione della variante generale del
Piano regolatore di Alpignano, che aveva visto il suo primo esordio nel lontano
2003. A più riprese da allora si era tentato di portarlo a termine, prima con
l’amministrazione Andreotti, che aveva rinnovato l’incarico fiduciario agli
urbanisti nel 2009 e poi a Da Ronco, che ne aveva adottato il progetto
definitivo il 10 dicembre 2015, senza però riuscire a vederlo approvato.
Dopo quella data, il piano regolatore viene inviato definitivamente alla Regione Piemonte, che è l’organo che approva i piani regolatori comunali, il 29 aprile 2016, poco prima del cambio di amministrazione.
Il nuovo assessore all’urbanistica, Tamara Del Bel Belluz, ne eredita quindi il complesso e oneroso procedimento burocratico, rallentato peraltro dal fatto che l’amministrazione Da Ronco scelse quella che ormai in regione viene definita la “vecchia procedura”, che manda in coda i piani rispetto a quelli che seguono il nuovo iter amministrativo.
"In poco tempo questa amministrazione ha concretizzato un percorso che durava da oltre 15 anni, essendosi trovata a dover rifare quasi interamente il piano in nemmeno un anno di lavoro e con un investimento pari a circa 50.000 euro, meno di un decimo delle amministrazioni precedenti", ha commentato il sindaco Oliva al termine della seduta consiliare.
I risultati dell’esame del piano Da
Ronco da parte della Regione erano arrivati all’assessore Del Bel Belluz il 13
ottobre 2017, tramite un parere che conteneva le osservazioni dei diversi uffici
regionali coinvolti: osservazioni urbanistiche, geologiche, ambientali. Sono 64
pagine di richieste di revisioni o integrazioni, che vengono recepite dal nuovo
urbanista incaricato, lo studio Sorbo, che subentra a maggio del 2018 ai
capifila Roli e Minucci, fiduciari delle amministrazioni precedenti, che
avevano terminato il loro incarico con la consegna del progetto definitivo ad
aprile 2016. Il parere regionale richiedeva un pesante intervento di revisione
delle norme che regolano il dimensionamento del piano, oltre a rilevare carenze
e imperfezioni di varia natura, tanto da portare alla necessità di rifare quasi
interamente il piano, con la conseguente necessità di ripubblicazione.
Il 29 novembre 2018 viene quindi riadottato
in Consiglio comunale il progetto preliminare del piano regolatore, poi
ripubblicato, come la norma stabilisce, per 30 giorni.
I cittadini quindi, nel merito dei
contenuti oggetto di modifica conseguente al recepimento delle osservazioni
regionali, hanno potuto trasmettere al comune le loro osservazioni.
Il lungo lavoro di confronto con la Regione, i numerosi tavoli avviati con la provincia, con le aziende e con i
cittadini interessati hanno permesso di contenere il numero di osservazioni
pervenute, che sono state 31, di cui 8 “fuori tema”, ovvero non pertinenti al
procedimento e 15 tra quelle accolte o parzialmente accolte, che hanno dato un
apporto migliorativo al progetto. Con la controdeduzione a queste osservazioni
quindi il consiglio comunale del 26 marzo ha concluso quanto di competenza
dell’assessorato all’urbanistica di Alpignano e ha stabilito che il piano verrà
trasmesso alla regione, che lo approverà presumibilmente entro l’estate.
Ringraziamo i cittadini e i
professionisti che con le loro osservazioni hanno permesso di migliorare il
piano dal punto di vista urbanistico, e soprattutto l’ufficio tecnico
comunale, che ha “messo sotto stress” il piano per vedere che cosa ancora non
funzionasse. Il risultato oggi è la disponibilità di uno strumento applicabile,
che contiene norme congruenti e una fotografia della città più attuale
possibile. Un traguardo importante, non solo perché mette fine a un travagliato
iter di approvazione, ma soprattutto perché chiude una fase e ne apre un’altra.
Questo piano, proprio per la lunga
gestazione che ha avuto, è un piano superato nei suoi principi, perché utilizza
ancora il parametro quantitativo e zonale per il disegno della città, che non
funziona più dal momento che si è diffusa una coscienza collettiva sul regime
di consumo di suoli; tenta inoltre il rilancio del centro storico con il
debolissimo criterio della perequazione urbana, trascurando completamente il
fattore gravitazionale offerto dal Castello.
Emerge invece in questo particolare
momento storico la necessità di consolidare il patrimonio urbano caratterizzato
da monumenti, piazze, parchi e dalla forte presenza paesaggistica del fiume e
delle sue sponde.
Inoltre la città post industriale ha
lasciato molte aree da riqualificare e dei centri storici su cui immaginare
nuove funzioni.
C’è quindi bisogno di strumenti di
pianificazione più sofisticati e multidisciplinari, frutto di una visione
politica moderna e creativa, in grado di mettere a sistema tutti questi
aspetti, per attuare una sorta di rivoluzione culturale per il destino delle
città, che in altri contesti hanno saputo trasformarsi in casi-studio per una
straordinaria rinascita.
Il nodo cruciale è quello di stimolare
l’attenzione di una nuova imprenditoria edile, che trasformi la rendita
fondiaria, eredità della speculazione edilizia degli anni del boom industriale,
in ricadute economiche generate dalla riqualificazione urbana e da nuovi modi
d’uso del territorio.
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